( 11/07/2010 - XX edizione - 1° anno dell'era "Partenza al Francese")
  

Partire alla francese è stato fantastico. Abbiamo goduto del fresco mattutino (io ho persino indossato i manicotti) ed abbiamo visto la macchina organizzativa della gran fondo dilagare sul percorso. Abbiamo visto la protezione civile prendere posizione, i radioamatori allestire le postazione, le forze dell'ordine prendere in consegna gli incroci.

Alla fontanella di Montefortino il "duo" del cambio boracce ne stava riempiendo un intero furgone.  Hanno approfittato del nostro arrivo per riprendere un attimo fiato mentre facevamo la nostra doppia sosta idrica: acqua freschissima dentro la borraccia ed "acqua" tiepida fuori... nel bagno pubblico, adiacente la fontana. 

Abbiamo avuto la compagnia dei continui sorpassi degli altri ciclisti partiti alla francese dopo di noi e delle moto del cambio ruote che andavano a disporsi strategicamente in posizioni avanzate.
Alle porte di Montemonaco ci siamo goduti il ristoro all'ombra del gazebo, seduti tranquillamente sul prato fresco. Troppo fresco, anzi... così bagnato da infradiciarci i fondelli.

Sebastiano, il direttore di corsa, arriva, scende dall'auto, controlla il posizionamento dei volontari. Tutte le tessere del grandioso puzzle che è la Gran Fondo dei Sibillini sono al loro posto. Tutto perfetto. Poi ci avverte: "Stanno arrivando!".

Ripartiamo a volo radente sulla discesa (possibile che TUTTE le discese siano pericolose?) e nello slancio stiamo per attaccare la salita successiva. Il cartello dice "RASCIO", io però la conoscevo come Valico Pescolle. Ma... eccoli: i campioni arrivano e l'attaccano continuando a volare. Non potrebbe essere altrimenti. Sono circa le 10:00: in 1 ora e mezzo ci hanno recuperato 2 ore di vantaggio! 

Per un po' rimaniamo a guardare, mentre si susseguono gruppetti sempre più frazionati e sempre più numerosi. Tagliano le curve a sinistra e noi riprendiamo a pedalare disposti diligentemente sul margine destro. E' uno spettacolo vederli mentre ci sorpassano. Sembrano cavalli di razza lanciati al galoppo. Siamo in salita, ma ci fanno credere di essere in pianura. Forse ci risucchiano o forse ci distraggono, fatto sta che la salita sembra più facile.

Al ristoro idrico di Balzo ci facciamo da parte per non intralciare il rifornimento. Molti neppure si fermano, vanno di fretta, ma molti di più si fermano (stupore!), bevono con calma e riempiono le boracce. Le nuove ondate che stanno arrivando sono già un'altra categoria, un altro livello ciclistico, direi i ciclofondisti più puri, quelli senza proprie ammiraglie che fanno affidamento solo sull'efficienza organizzativa. Molti mi salutano o mi gridano un "affettuoso" sfottò. Qualcuno è già senza fiato.

Approfittiamo di un "vuoto" per ripartire e già altri ne arrivano. Intralcio la maglia rosa Marche Marathon, ma non mi manda a quel paese. Anzi si concede un attimo di pausa. Un solo attimo e via.  

Verso Colle Galluccio i sorpassi diventano sempre più radi e più lenti. In alcuni casi sembra quasi un passo possibile anche per me. Provo ad accodarmi e... sono subito fuori soglia. Meglio godersi altri sorpassi, molto meglio. Riccardo di Cesena che non conosce per nulla questo territorio è affascinato da tutto, un po' meno quando gli indico Forca di Presta... lassù!
"Ma ci si arriva?", "Vedi quei luccichii, molti ci sono già arrivati, noi arriveremo dopo. Tranquillo".
Per meglio affrontare l'impresa... ricca e refrigerante sosta al rifornimento idrico della sorgente. Anche questo dovrebbe essere piede a terra, ma i volontari cercano comunque di passare bicchieri d'acqua al volo, perché per molti fermarmi prima di iniziare è un controsenso.

Comunque sono pochi quelli che centrano lo scatolone di raccolta disposto poco più avanti .  

Io mi sono praticamente fatto la doccia e sono inzuppato da strizzare, ma non c’è neppure una nuvola e già al secondo curvone son quasi asciutto.  

Molto, molto tempo e molti sorpassi dopo (nel senso che gli altri vanno su, mentre la mia superleggera sembra incollata all'asfalto) anche noi conquistiamo la cima Coppi. Neppure questa volta la maga Sibilla è riuscita a scoraggiarci e siamo quassù, dove osano... i deltaplani.

Paolo copre la scritta più importante, ma non abbiamo bisogno di leggerla. Ci accolgono con stupore: "Così presto?", "Beh, vedete questi che stanno arrivando? Noi siamo partiti due ore prima!" Quasi a dover giustificare un ormai magro anticipo, rispetto al nostro orario di passaggio degli anni precedenti.  

Quelli che arrivano sostano meno di un attimo. Noi no, mentre ci reintegriamo con "bocconcini" di cocomero, il volontario Nazzareno di Corridonia tira fuori una bottiglia di vino, di quello buono. No, non va bene, il vino da solo fa male. "Pane e ciauscolo?",  "Siii, ottima abbinata."
Arriva l'ambulanza e il fine corsa. Vecchi amici dei tempi passati, ma mica tanto lontani. Ci si saluta, ci si abbraccia. Foto ricordo e via, scappiamo. E' troppo presto per essere raggiunti ed essere... lasciati indietro dagli ultimi.  

Paolo di Brescia presenta a Riccardo il magico mondo dell'altopiano sibillino. La fioritura è quasi sfiorita, ma ci sono ancora scorci speciali. Non si può stare a testa bassa, ma neppure molto alta, perché in più punti ci sono volontari segnalatori che indicano i tratti peggiori, ma i migliori sono pochi e discontinui..  

Rampa di Castelluccio, mica tanto rampa, sono pur sempre 2 chilometri. Ci raggiunge Fabrizio di Castelfidardo che ha fatto la partenza agonistica e mi dà la situazione delle retrovie.
La partenza alla francese ha avuto come effetto la "compressione" delle distanze fra gli ultimi, perché evidentemente i più tranquilli e i meno dotati l'hanno scelta. Ma devo dire (interviste volanti duranti i sorpassi subiti) che l'hanno scelta anche chi ha voluto regalarsi due ore in più di fresco, chi per far prima e rientrare a casa (in tempo per il matrimonio del cugino), chi per evitare la bagarre di un gruppone di oltre 1000 ciclisti , chi per evitare l'attesa e la "cottura" in griglia di partenza!
Svalichiamo Castelluccio senza fermarci, non c'è nessuna nuova notizia da leggere nelle vecchie mura delle case che delimitano il borgo.
All'attacco di Forca di Gualdo la maglia nera Marche Marathon Alberto di Corridonia mi piomba alle spalle. Ha una marcia in più. Frena, scala le marce... ehm... i rapporti e mi affianca.

In lui vedo un po' il mio "successore": una volta l'ultimo agonista (o agonizzante) ero io. Al diavolo la salita! Ci fermiamo ed, intralciati dalle biciclette, ci scambiamo un forte abbraccio ricco di sensazioni e di sudore. Per Alberto ripartire in salita è un problema, per me una normalità, ma è giovane imparerà anche lui.

In vetta c'è il ristoro PIU' PIU' PIU' (tanti più come per il vino EST EST EST). Più atteso. Più completo. Più strategico. Praticamente è una festa ritrovarsi dopo due anni. A qualcuno è comparso qualche filo bianco in più fra i capelli, a qualcun altro qualche piccola ruga sul volto, ma il sorriso e la soddisfazione è la stessa. Un attimo va al ricordo del primissimo incontro, quando nel lontano 1996 tentai la mia prima "traversata in solitaria", tanto era l'abissale distacco che mi separava dagli ultimi atleti che mi precedevano. All'epoca, il ristoro era posizionato a Castelsantangelo sul Nera. Ricordo bene che mi distesi sul muretto caldo per cedere allo sfinimento e rinunciare. Non fu possibile. Mi servirono ogni ben di Dio, mi infusero coraggio e mi rimisero in sella: "Ci si vede all'arrivo, non fare tardi!".
Cominciò così. Poi anno dopo anno l'ho trovati sempre pronti ad aspettarmi, sempre pronti (in qualsiasi circostanza) ad accogliermi con il loro sorriso ed incitamento. Praticamente per oltre dieci anni la loro segreta missione è stata di... non farmi "mollare", mai.
Mi dicono che il primo "francese" è passato alle 10:30, quasi 4 ore prima. Assurdo! Così bisogna fare una velocità che non vedi nulla. "Invece tanto assurdo non è", dice Paolo.
La partenza alla francese può essere sfruttata anche come entry-level. Livello di ingresso. Sei un buon ciclofondista, non conosci la Sibillini e non vuoi fare una brutta figura, parti alla francese e gli "prendi le misure" per l'anno seguente. Ci provi senza rischiare nulla e vedi come va. Praticamente un anno la fai come allenamento e l'anno seguente la corri. Beh, in mezzo devi metterci pure tanto altro impegno, ma è un'opportunità in più mica male. 
         

Acc... non distraiamoci troppo, non facciamo tardi, sennò stavolta (partiti con due ore di vantaggio) chi lo sente a Giustozzi! Un'ultima mela al limone. Foto ricordo. Più di una, per ricordarsi meglio e poi giù. Giù, ancora giù. Curva e controcurva. Rilanciare, e vai!  Dieci chilometri bevuti senza riprender fiato.    

Castelsantangelo sul Nera. Il sole scotta e tira la pelle del polpaccio direttamente esposto ai suoi raggi. L'ambulanza sfrutta la tettoia di un distributore per concedersi un po' d'ombra. (Nota - quando parlo di ambulanza intendo il mitico equipaggio della Croce Rossa di San Severino Marche guidato dal suo esperto "capitano").
Fabrizio è già scappato via, impaziente di riabbracciare la sua personale miss tappa all'arrivo. Alberto è rimasto con noi e tiene la ruota di Paolo che "taglia il vento". Dietro Riccardo. Ed io sto comodamente in coda all'"autobus". Servizio diretto per Caldarola, diretto o quasi.
L'ultima salita, quella del valico Fornaci (la giornata è calda al punto giusto per dare un senso preciso al suo nome) la prendiamo con molta circospezione. Meglio bagnarsi bene e non sprecare energie per il gran finale.
   

All'inizio dell'ultimo chilometro (quando il rischio di improvvise gelate è armai passato!) incrociamo Sebastiano, il direttore di corsa. Dopo la fine della gara agonistica è tornato indietro e sta "intercettando" le ultime posizioni. Radio corsa lo tiene informato di tutto. Sa che dietro c'è rimasta una sola concorrente. "A che distanza?", "Più o meno inizio salita, vado a controllare". Approfitto per fermarmi e farmi un'altra bella doccia con l'acqua che mi ha lasciato. Faccio anche un po' di pulizia raccogliendo un paio di borracce, quattro/cinque bottigliette che schiaccio nello zainetto ed un po' di incarti sparsi qua e là che metto in una bustina per non appiccicarmi tutto con gli zuccheri e schifezze varie. Per la verità una schifezza a rilascio immediato, medio e graduale d'energia me la ciuccio anch'io. Tanto era gratis nel pacco gara. In cima trovo Alberto e Paolo un po' preoccupati per il mio ritardo. Riccardo, forte della sua anzianità, ha già iniziato la discesa per farla in tutta tranquillità.
Annuncio: "Sta arrivando l'ultimo, l'aspettiamo?", "Dov'è?", "Ormai sarà a metà salita". Si decide per il sì, aspettiamo e... ripartiamo subito. Evidentemente mi sono distratto: nel tempo che io ho fatto un chilometro, lei ha fatto tutta la salita. Ci buttiamo in discesa e, sicuramente aiutata dal peso, non è affatto la "lumacona" come sembra sia stata soprannominata dagli amici.

In fondo raggiungiamo Riccardo che si sta facendo rinfrescare da Sebastiano. Paolo rallenta per agevolare il suo rientro. Alberto passa in testa a fendere il vento con la sua massa imponente e tenere l'andatura senza forzare. Ricompattamento a Pieve Torina. Riprendiamo velocità.
Il "capitano" dell'ambulanza tranquillizza il suo equipaggio: "Si, si. Sono gli stessi di prima. Quelli in salita guardano il panorama, ma nei falsopiani a scendere si trasformano in corridori". Per la verità, nonostante il vento contrario, sta facendo tutto Paolo. Oltrepassiamo il bivio della Muccia in tutta sicurezza. La protezione civile ci fa da apripista e copre gli incroci scoperti, ma molti altri sono ancora presidiati. Fa molto caldo, stare in mezzo alla strada sotto il sole dovrebbe essere atroce. L'unico modo per ringraziarli è cercare di sfruttare al massimo l'andamento agevole della strada e correre il più possibile.
Paolo avvista in lontananza un concorrente solo contro il vento. Progressivamente riduce l'andatura fino ad affiancarlo a pari velocità. Gli passa l'acqua, un paio di albicocche secche, un po' di sali e quando è sicuro che sta recuperando lo fa entrare in pancia al gruppo. Lentamente riprende a far velocità.
  

Dal fondo col fischietto gli segnalo cosa sta avvenendo e non ha bisogno di girarsi. I dossi non sono nulla per chi sta bene e sono montagne per chi è al limite. Adegua il passo secondo le mie segnalazioni e riusciamo a rimanere uniti. Raggiungiamo un altro solitario. E' messo peggio del precedente e rallentiamo vistosamente. 10 km. all'arrivo. La nostra regola (nessuno deve mai rimanere ultimo e solo) la applichiamo per naturale "modus ciclandi" anche con chi non è del Gruppo. 

Oramai, chilometro più chilometro meno, minuto più minuto meno, possiamo arrivare tutti insieme. Non dobbiamo preparare la volata, non dobbiamo fare tatticismi. Ultimo chilometro, da gustare con emozione.
L'arrivo sul vialone, a sirene spiegate e fischietto a tutta, è di una soddisfazione immensa, ma con quella strana venatura di dispiacere per l'avventura ormai finita. 

Andiamo subito a rinfrescarci con il gelato ed il cocomero fresco. Per il pasta-pranzo-party, con brindisi a base di Vernaccia, ci penseremo dopo.
Giustozzi mi dice: "Dieci ore, più di dieci ore ci hai messo."  Forse ho farfugliato qualcosa, forse sono stato zitto. Non lo ricordo. Non ho neppure capito se era un rimprovero o un complimento per non aver sforato le 11 ore. Ma ora gli dico: "Ho sempre chiesto la partenza alla francese per avere più tempo, non per averne meno. Ora sai anche come è andata e come l'ho utilizzato. Io ci ho messo un'ora in più, ma voi avete potuto sbaraccare tutto un'ora prima. Quindi possiamo essere contenti tutti e due: siamo riusciti a quadrare il cerchio."
Arrivederci al prossimo anno, ma non posso promettere che andrà sempre così. Se l'ultimo raggiunto non si riprendeva, l'avremmo aspettato fino al tempo massimo e, se necessario, anche oltre. Siamo fatti così. Il tempo è solo un riferimento, la solidarietà ciclistica è un grande valore sportivo ed umano, che non rinnegheremo mai. Ma, in fondo in fondo, e ciò veramente apprezzano anche i più appassionati volontari.

Pio dei Senzafretta      

  


Il Pianoro Grande di Castelluccio: impossibile non fermarsi per cogliere le ultime tracce della fioritura.


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