Gran Fondo del Cònero 2003
 

Il Monte Conero da Numana (42 kb)

Senza fretta...

le salite della
Gran Fondo

  
Pronti, partenza e via... subito la rampa di Montereale, un rettilineo di circa mezzo chilometro con pendenza attorno al 10%. Uno spettacolo incredibile! Una grande marea di colori oscillanti che avanza concellando il grigio dell'asfalto. Davanti veloce e compatta, dietro via via sempre più lenta fino al riaprirsi di macchie grigie sempre più grandi. E' un impatto visivo esaltante che ti spinge su, mentre il fruscìo di duemila ruote ed il clangore di mille cambiate sembrano quasi risucchiarti verso lo scollinamento. Così questa rampa diventa più corta ed assai meno terribile di quel che viene dipinta da chi lamenta la durezza della partenza a freddo.

Il tempo di recuperare in discesa ed agli Archi inizia la salita di Recanati con una rampa analoga, ma più breve e ben "nascosta" in una doppia curva, poi la salita diventa pedalabile, si tira il fiato. Cinque chilometri mediamente al 4%.
Ricompattamento e passo regolare. Si fa conoscenza con i nuovi compagni d'avventura e ci si confronta nelle dichiarazioni d'intento, cioè: chi farà il percorso corto? chi farà il lungo? Salendo, lo sguardo spazia lungo la vallata del Potenza fino ai monti più lontani. Si scruta l'orizzonte e si "soppesano" le masse nuvolose. Inevitabile la discussione sulle previsioni meteo. Lo scorso anno nessuno indovinò che di lì a poco ci saremmo trovati in una bufera di neve... beh, quasi bufera.
Una bella macchia di pini marittimi fa da cornice al passaggio sul Colle dell'Infinito, ma solo agli sguardi più attenti degli ultimi lascia intravedere i versi del famoso Infinito leopardiano dipinti sul punto più alto del parco pubblico: SEMPRE CARO MI FU QUESTO ERMO COLLE...

Salita di Appignano ed Osteria Nuova. Dopo il ristoro-colazione di Sambucheto e un facile avvicinamento pianeggiante o su dolci ondulazioni, si va su bene per un circa tre di chilometri attorno al 4%.
Appignano è la "Città del Mobile" e la strada attraversa la zona industriale dei mobilifici. Si scende sino al ponte e si risale dolcemente per un altro paio di chilometri fino al crinale della collinetta. Filottrano è di fronte in piena vista. In mezzo c'è una stretta vallata. E stretta vallata vuol dire ripida discesa e poi subito ripida salita.
Il chiacchierìo si infittisce. Sta per arrivare il momento della grande decisione: affrontare l'incognita del percorso lungo o lasciarsi andare all'agevole rientro del corto?

Si va per il lungo. Salida di Filottrano. La prima rampa, circa un chilometro, inizia secca e decisa mediamente all'8% con una punta massima dell'11%. Inevitabile guardare a destra verso il fondovalle, dove quelli del corto girano gridandoci gli ultimi sfottò "Ma chi ve lo fa fare?", "A notte vi verremo a cercare!".
Questa è la cosidetta "rampa di selezione". Chi s'accorge di non essere proprio nella condizione giusta, può fare dietrofront senza vergogna. Chi arriva qui senza essersi accorto della separazione dei percorsi, non può non rendersi conto di aver imboccato il percorso lungo e ben ponderare la propria scelta.
In effetti, dal punto di vista del percorso corto, la parte più impegnativa è già stata fatta, mentre dal punto di vista del lungo i giochi cominciano ora.
La salita prosegue per altri 3 chilometri fino al centro abitato di Filottrano con pendenze attorno al 6-7%, intervallate da bei tratti di recupero. E' la classica salita da barzelletta, dove è facile rimanere compatti e ridere insieme.

Più breve, ma simile, è la seguente salita di S.Maria Nuova, detta anche della Torre. In cima non c'è alcuna torre, ma si scopre la città di Jesi, adagiata nella vallata dell'Esino e circondata dalle colline dei Castelli Jesini, terra del Verdicchio e della Lacrima di Morro d'Alba.
I saliscendi del crinale fra la già citata valle dell'Esino e la valle del Musone vanno affrontati sfruttando al massimo gli abbrivi e senza sprecare inutilmente le forze. Nelle giornate limpide si riescono a vedere i Monti Sibillini da un lato ed il mare dall'altro. Un panorama superbo in uno spazio infinito, senza necessità di salire ad alta quota!
  

Mentre si scende lungo il Vallone, l'inconfondibile profilo del Monte Cònero si staglia contro il cielo. Pazientemente, anche lui ci sta aspettando.
Altrepassato lo stadio, girando stretto a destra, si cambia strada. Si affronta un insidioso dosso ed eccolo là, sulla sinistra, il "muretto" di Varano. Muretto? La strada scende un poco e poi s'impenna ripida e serpeggiante fino a scomparire in una folta macchia d'alberi. Son trecento metri con pendenza massima attorno al 15% in piena vista, ma non finisce lì. Si deve salire ancora a più riprese fino al piccolo paese. Nessun dubbio, va innestato il rapporto più agile, se c'è la tripla è ancora meglio. La strada è ampia e ben asfaltata. Pian pianino, a velocità da moviola, metro dopo metro comunque si sale, magari zigzagando per evitare l'affanno. Su queste pendenze è impossibile rimanere uniti, ma superato il tratto più ostico ci si aspetta. Chi ha più fiato spara qualche battuta; una bella spinta di buonumore è spesso efficace quanto una spinta fisica. "Questa è la porta del Conero? Se lo sapevo rimanevo in giardino!" Con calma si raggiunge il paese di Varano, un passaggio stretto fra le case. Case vecchie dove il tempo sembra essersi fermato e non aver alcuna fretta di riprendere a scorrere.

Il muretto di Varano 57 kb)

 
"Ed ora ci facciamo un po' di montagne russe!" Per arrivare alla Panoramica del Conero ci sono un paio di ripidi saliscendi, degli autentici demolitori di gambe e buoni propositi. Ma la fatica è ripagata dalla vista dall'intenso verde della macchia mediterranea del Parco e del Monte, ormai ad un tiro di schioppo.

Prima di iniziare la salita del Poggio è d'obbligo un breve deviazione sulla strada di Portonovo fino alla naturale balconata che s'affaccia sul mare. Non si può perdere la vista del mare frangersi sulla scogliera del Trave e sulla scoscesa parete del Monte, mentre la bianca chiesa romanica di Portonovo sembra ergersi sopra i flutti.

Nella passata edizione la salita del Poggio era l'ultima asperità, a parte il non facile arrivo in via Maccari. Molto regolare, son tre chilometri al 4%. La fatica comincia a farsi sentire, meglio distrarsi ammirando il panorama, che salendo si svela da dietro tutte le colline già superate e tante altre non meno protese verso il cielo: Montecassiano, Montefano, Osimo, Offagna, Castelfidardo, Camerano, borghi e piccole frazioni. In vetta, dal nuovo viadotto, si arriva a scorgere Cingoli, "il balcone delle Marche", cima coppi di passate edizioni.

 
L'ultima rampa: le Crocette (55 kb)

 
In questa edizione, per dare una chance in più agli agonisti amanti dell'arrivo solitario, è stata inserita a soli 7 chilometri dal traguardo la salita delle Crocette di Castelfidardo. Due secche rasoiate al 12% separate da una breve discesa, che solo i più preparati sapranno sfruttare per sgusciar via e fiondarsi su Loreto.
Per tutti gli altri sarà dura. Per i senza fretta la ricetta è una sola: tripla e determinazione. Anche se gli amici del carro-scopa saranno pazientemente pronti a far salire chi vorrà spendere lo speciale "buono traino" assegnato ai non agonisti, ognuno ce la metterà tutta per farcela con le proprie gambe. E' l'ultimo sforzo, con il premio immediato di un lunghissimo rettilineo in discesa, una favola!

    
L'arrivo, pur sempre in salita, è stato reso assai più agevole. Un primo chilometro con punta massima al 5% ed un secondo chilometro con un brevissimo superamento del 7%, poi rettilineo finale in viale Gatti, circa 250 metri dal 4% al 6%. Traguardo raggiunto.
Docce, pasta-party e premiazioni, anche per gli ultimi, ma soprattutto la soddisfazione di avercela fatta e l'emozione di una intensa giornata in bici, all'aria aperta e con tanti amici. Questa non è un gran fondo qualsiasi: è la Gran Fondo del Conero!

     

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